Le virtù eroiche della Serva di Dio Elisabetta Martinez, Fondatrice della Congregazione delle Figlie di Santa Maria di Leuca; nata il 25 marzo 1905 a Galatina (Italia) e morta l’8 febbraio 1991 a Roma (Italia).
La Serva di Dio Elisabetta Martinez nacque a Galatina (Lecce, Italia) il 25 marzo 1905. Dopo aver conseguito il diploma magistrale, a Lecce, conobbe la Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore, fondate ad Angers (Francia) da Santa Maria di Sant’Eufrasia Pelletier nella prima metà dell’Ottocento e, nel 1928, fu ammessa al noviziato. Il 29 settembre 1930 emise la prima professione e fu inviata a Chieti, a prestare servizio presso l’Istituto dedito alla rieducazione delle ragazze. Nel 1932, a causa di una grave infezione polmonare, fu costretta a lasciare la Congregazione e a rientrare in famiglia, senza, con ciò, interrompere i rapporti amichevoli con le ex consorelle.
Maturò poco per volta l’idea di fondare una nuova Congregazione religiosa impegnata nella formazione delle adolescenti, nell’educazione della prima infanzia, nell’assistenza delle madri nubili e nel servizio parrocchiale. Ricevette il benestare del Vescovo di Ugento, Mons. Giuseppe Ruotolo, dando inizio alla Pia Unione delle suore dell’Immacolata. Nel 1941 lo stesso Vescovo eresse la Pia Unione in Istituto di Diritto Diocesano delle “Figlie di Santa Maria di Leuca”, in onore del santuario mariano presente nella diocesi. Due anni dopo, l’Istituto divenne di Diritto Pontificio.
La Serva di Dio fondò numerose comunità in Italia, Svizzera, Belgio e Stati Uniti e, nel 1946, trasferì la sede della casa generalizia e del noviziato a Roma. In oltre 40 anni Madre Elisabetta, nonostante la salute fragile, intraprese numerosi e lunghi viaggi per estendere la Congregazione nelle diverse parti del mondo, giungendo fino all’Australia, all’India e alle Filippine. Non mancarono sofferenze, persecuzioni, calunnie, sia da parte di persone estranee, sia da parte di alcune consorelle, che si trovavano negli Stati Uniti. La Serva di Dio non si lasciò scoraggiare ponendo tutta la fiducia nelle mani della Divina Provvidenza, continuando operosa il suo servizio.
Il Venerabile Servo di Dio Pio XII e i Santi Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, la incoraggiarono a proseguire la sua opera caritativa.
Nel 1965 non venne rieletta come Superiora Generale, ma accettò tutto con umiltà mantenendo un contegno edificante. Negli anni che seguirono sorsero nuove case e nuovi servizi caritativi. Nel 1969 si svolse la Visita Apostolica di P. Mario Piazzano, O.S.I., che nella sua relazione dettagliata, difese l’operato della Serva di Dio dalle calunnie di alcune consorelle.
Nel Capitolo Generale del 1970 fu rieletta all’unanimità Superiora Generale, carica a cui rinunciò nel 1987 per motivi di salute.
Morì a Roma (Italia) l’8 febbraio 1991.
La Serva di Dio nutrì la sua fede con lunghi momenti passati davanti al SS.mo Sacramento, nonostante gli estenuanti viaggi in cui fu sempre impegnata. La fede le diede anche la forza per affrontare e superare le numerose prove che costellarono la sua vita. Fu capace di un autentico abbandono alle mani di Dio e di grande fiducia nella Divina Provvidenza. Visse alla presenza di Dio e questo traspariva in ogni cosa che faceva.
La sua unica preoccupazione fu di aderire alla volontà di Dio e fidarsi di Lui. La speranza eroica prese in lei la forma della capacità di attendere, senza lamentarsi e senza abbattersi, confidando nei tempi del Signore per portare a termine i Suoi progetti.
Visse costantemente nella dedizione agli altri, facendosi carico di tutti i bisogni che vedeva intorno a sé, senza mai fare alcuna distinzione tra le persone. Spinta da eroica carità, non esitò ad affrontare fatiche e rischi per fondare opere in tutte le parti del mondo. Anche nei confronti delle sue consorelle dimostrò sempre una grande carità, soprattutto verso le ammalate. In particolare, la sua carità eroica fu evidente nei confronti di quelle sue figlie che l’accusarono e la calunniarono, non esprimendo mai, nei loro confronti, giudizi di condanna o di vendetta, ma le perdonò accompagnandole con la preghiera.